07 febbraio 2008

Il Messaggero del 7 febbraio 2008

La Finanza compie accertamenti sulla svendita di alcuni immobili e sullo svotamento delle casse
Urbe, un buco da ottanta milioni
Indaga la procura. Lo spettro della bancarotta sull'istituto di vigilanza
Il buco è stato certificato: 80 milioni di euro. E così, mentre la procura di Roma sta accer­tando come sia stato gestito il patrimonio dell'Associazione nazionale Combattenti e Re­duci Istituto di Vigilanza Ur­be, i dipendenti hanno aderito in massa al presidio organizza­to dal Savip, Sdì, Rdb e Cisal. Una protesta andata in scena ieri mattina, davanti alla sede del più antico istituto di vigi­lanza, in via Rina Monti sulla Prenestina. Da tempo i lavoratori tenta­no di richiamare l'attenzione sulle vicende che hanno porta­to al commissariamento dell’Istituto, na­to come en­te morale, con obbligo di redistri­buzione de­gli utili in at­tività socio-assisten­ziali, e fini­to insolven­te. Gli espo­sti sulla cat­tiva gestione dell'ente, che ha messo a rischio mille posti di lavoro, sono all'esame della Corte dei Conti, della procura e dei mini­steri. Secondo la relazione di Lucio Francarlo, commissario straordinario nominato dal Tribunale fallimentare, il bu­co certificato è «di oltre 80 milioni di euro». Nella relazio­ne al Tribunale si punta il dito su «comportamenti negligenti o dolosi perpetrati a livello dirigenziale». E cosi le indagi­ni, che il pm Paolo D'Ovidio ha delegato la Guardia di Fi­nanza, puntano sulla "svendita di alcuni immobili a Trastevere e sul presunto svuotamen­to delle casse dell'associazio­ne. E adesso potrebbero profi­larsi le ipotesi di bancarotta fraudolenta o appropriazione indebita. All'esame della procura, anche l'ipotizzata cessio­ne in blocco della società a un'azienda di vigilanza priva­ta. Il pm tiene conto anche della particolare natura socia­le dell'istituto, un ente morale, che ha finora incassato contri­buti dal ministero della Difesa e della Presidenza del consi­glio dei ministri e finanziamen­ti UE per corsi di formazione. L'impiegabile crisi sarebbe cominciata dopo il 2005. Poi la vendita degli immobili, la perdita degli appalti, fino all’ amministrazione controlla­ta. E il deficit da 30 milioni è arrivato a 80. I lavoratori - spiega Vincenzo Del Vicario segretario del sindacato Savip- chiedono l'analisi dei bilanci degli ulti­mi anni, per chiarire che fine abbiano fatto i fondi ricavati dalla vendita di società e im­mobili di grande valore. Ma anche di verificare se i dirigen­ti abbiano compiuto scelte ne­gligenti a svantaggio dell'Ur­be, mentre, in palese conflitto d'interesse, ricoprivano cari­che sociali in altre società interessate all'acquisto dell'istitu­to». Ma non solo. Secondo il sindacalista «L'Urbe di fatto è stato privatizzato sebbene, co­me accertato dai tribunali, la natura sociale dell'ente non consentisse la vendita. I manife­stanti, ieri, hanno an­che denun­ciano l'ille­gittima ap­plicazione della legge Prodi. «Per­ché l'ente morale - so­stengono -non rientra tra le categorie interessate da quella misu­ra». Poi il passaggio dei dipen­denti a una nuova azienda. «La direzione - dicono - ha proposto ai lavoratori di con­fluire nella Federazione Pro­vinciale dell'Ancr, appena cre­ata, che proporrebbe ai lavora­tori dei contratti peggiori di quelli attuali. I dipendenti dell' istituto hanno lo stipendio congelato, percepiscono solo ac­conti. Nel frattempo però la nuova società, creata dai verti­ci dell'Ancr, sta assumendo 150 nuovi dipendenti. Questa è la Parmalat delia vigilanza italiana».

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