La Finanza compie accertamenti sulla svendita di alcuni immobili e sullo svotamento delle casse
Urbe, un buco da ottanta milioni
Indaga la procura. Lo spettro della bancarotta sull'istituto di vigilanza
Il buco è stato certificato: 80 milioni di euro. E così, mentre la procura di Roma sta accertando come sia stato gestito il patrimonio dell'Associazione nazionale Combattenti e Reduci Istituto di Vigilanza Urbe, i dipendenti hanno aderito in massa al presidio organizzato dal Savip, Sdì, Rdb e Cisal. Una protesta andata in scena ieri mattina, davanti alla sede del più antico istituto di vigilanza, in via Rina Monti sulla Prenestina. Da tempo i lavoratori tentano di richiamare l'attenzione sulle vicende che hanno portato al commissariamento dell’Istituto, nato come ente morale, con obbligo di redistribuzione degli utili in attività socio-assistenziali, e finito insolvente. Gli esposti sulla cattiva gestione dell'ente, che ha messo a rischio mille posti di lavoro, sono all'esame della Corte dei Conti, della procura e dei ministeri. Secondo la relazione di Lucio Francarlo, commissario straordinario nominato dal Tribunale fallimentare, il buco certificato è «di oltre 80 milioni di euro». Nella relazione al Tribunale si punta il dito su «comportamenti negligenti o dolosi perpetrati a livello dirigenziale». E cosi le indagini, che il pm Paolo D'Ovidio ha delegato la Guardia di Finanza, puntano sulla "svendita di alcuni immobili a Trastevere e sul presunto svuotamento delle casse dell'associazione. E adesso potrebbero profilarsi le ipotesi di bancarotta fraudolenta o appropriazione indebita. All'esame della procura, anche l'ipotizzata cessione in blocco della società a un'azienda di vigilanza privata. Il pm tiene conto anche della particolare natura sociale dell'istituto, un ente morale, che ha finora incassato contributi dal ministero della Difesa e della Presidenza del consiglio dei ministri e finanziamenti UE per corsi di formazione. L'impiegabile crisi sarebbe cominciata dopo il 2005. Poi la vendita degli immobili, la perdita degli appalti, fino all’ amministrazione controllata. E il deficit da 30 milioni è arrivato a 80. I lavoratori - spiega Vincenzo Del Vicario segretario del sindacato Savip- chiedono l'analisi dei bilanci degli ultimi anni, per chiarire che fine abbiano fatto i fondi ricavati dalla vendita di società e immobili di grande valore. Ma anche di verificare se i dirigenti abbiano compiuto scelte negligenti a svantaggio dell'Urbe, mentre, in palese conflitto d'interesse, ricoprivano cariche sociali in altre società interessate all'acquisto dell'istituto». Ma non solo. Secondo il sindacalista «L'Urbe di fatto è stato privatizzato sebbene, come accertato dai tribunali, la natura sociale dell'ente non consentisse la vendita. I manifestanti, ieri, hanno anche denunciano l'illegittima applicazione della legge Prodi. «Perché l'ente morale - sostengono -non rientra tra le categorie interessate da quella misura». Poi il passaggio dei dipendenti a una nuova azienda. «La direzione - dicono - ha proposto ai lavoratori di confluire nella Federazione Provinciale dell'Ancr, appena creata, che proporrebbe ai lavoratori dei contratti peggiori di quelli attuali. I dipendenti dell' istituto hanno lo stipendio congelato, percepiscono solo acconti. Nel frattempo però la nuova società, creata dai vertici dell'Ancr, sta assumendo 150 nuovi dipendenti. Questa è la Parmalat delia vigilanza italiana».
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